" S. Pancrazio , festa patronale ; in un angolo della sterminata piazza s'esibisce la banda . I tromboni sfiatano , le trombette alluccano , i tamburi mormorano . Una mesta incerta melodia a stento si fa strada fra il brusio della gente che tutto ricopre , anche le strilla dei bambini , il sordo rumore delle auto , lo stridìo delle rondini . La bimba dal vestito rosa percorre il suo terzo periplo della piazza mentre spinge un ruotino di plastica scolorita , come già facevano gli antichi Romani per misurare i terreni. Un'altra dal viso minuto , perso nel groviglio di capelli troppo lunghi , un vestituccio male assortito , trascina al guinzaglio un grande cuore rosso dai bordi luccicanti d'argento, che galleggia docile nell'aria accanto a lei .
S'è distratta un attimo , ha mollato la presa e quello ha iniziato , dondolando , a salire . Lei rimane lì impietrita , col braccio teso , la mano aperta come a fermarlo , gli occhi fissi sul cuore che la sta lasciando , come fosse il suo .
I clarinetti fischiettano ora un lento motivo che evoca , nei pochi attenti spettatori , le vicende sfortunate di una donna innamorata , seppure leggera . Nulla però riesce a frenare il pianto disperato della bimba orfana del suo cuore , neppure il rude abbraccio del nonno barbuto . " - Edoardo Longobardi , maggio 2006 -
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